Vivere d'arte

Ho lavorato nel mercato formale, ma oggi cerco ispirazione e completezza attraverso l’arte

By 8 de Novembre de 2021 Novembre 11th, 2021 No Comments

L’uscita dal mercato formale ed il ricongiungimento con l’arte

Dopo 15 15 anni di una bella carriera come avvocato, l’artista abbandona il mercato formale e tutti i vantaggi che questo “status” le forniva . Una buona situazione economica, una professione socialmente apprezzata, l’essere socia dell’ufficio dei sogni , grandi clienti.

“Ho adorato quella routine di migliaia di processi, team, riunioni, viaggi, numeri, obiettivi ... non è stato facile capire (e accettare) che non era più quello che mi muoveva, che non ero più lì al 100%".

Simone Michielin

In un mondo ideale, non appena un ciclo sta per concludersi, un altro è già in fase di preparazione, in modo sicuro e silenzioso, in modo che sia possibile un momento di transizione tra i due cicli.. Ma non sempre ((o quasi mai) ) la vita reale è uguale alla teoria. “Non ho visto i segni, così ho fallito, ho sbagliato, ho sofferto immensamente con la fine, ho subito proprio un lutto.” . E il processo di guarigione per lei, in quel momento, era ritrovarsi con la pittura, ancora senza realizzare il movimento più grande che stava accadendo.

La forza dell’arte che dormiva

Fin da piccola l’artista ha dimostrato questo profilo, che è stato incoraggiato dalla famiglia, c’erano fogli e fogli in bianco ed un numero infinito di pastelli, vernici e tutto ciò che poteva essere utilizzato per esprimere quello che, fino a poco tempo fa, sembrava essere solo un hobby, anche se si è sempre rivelato piuttosto promettente.

A 9 anni ha pensato di fare la stilista e ha creato intere collezioni ((di schizzi di gusto piuttosto dubbio, se prendiamo in considerazione le tendenze degli anni ’80) 80). A 10 anni dipinse la prima tela ad olio. A 12 anni personalizzava i propri abiti con i temi delle band che le piacevano e a 16 anni ha creato pezzi esclusivi per allontanarsi da ciò che tutti indossavano.

Tuttavia, come di norma (e stiamo parlando di più di 20 anni fa), quando si sceglie un percorso di laurea, una professione, ha finito per aderire al flusso convenzionale, dopo tutto, “nessuno vive di arte” (sarà poi vero??).

Si laureò in Giurisprudenza, si innamorò della professione e scoprì nuovi talenti lì,, che la fecero lavorare a lungo come avvocato.

Ciò che accade alle persone che hanno subito questo pregiudizio artistico, sia nelle arti visive, nella musica, nella letteratura, è che , prima o poi , sentiranno la “chiamata”. Non è possibile ignorare una vocazione per tutta la vita.

E così, in quel momento in cui vide nell’arte una via di fuga per la sua transizione, tutto ciò che fu accantonato e nascosto lì da qualche parte, venne alla luce con piena forza, come a dire “ora sarà impossibile ignorarmi”.

Simone Michielin, professione: un’artista

I lavori stavano emergendo in modo naturale e rapido. “Non sapevo nemmeno se sapessi ancora dipingere, ma era come se non mi fossi mai fermata, come se il giorno prima avessi i pennelli in mano e fossi sporca di vernice…Ho visto come mi mancava quell’odore e quel disordine.”.

In breve tempo, l’artista aveva abbastanza opere per fare una mostra individuale. Ma poi sorse un’altra domanda : fino a che punto la sua produzione artistica, che era stata vista e ben accettata solo da persone a lei vicine, avrebbe davvero potuto conquistare il mercato? A che punto l’artista era pronta a mostrarsi e ad affrontare una valutazione oggettiva di questo mercato?

“Credo che tutto ciò che è poi accaduto sia stato per totale mancanza, di pressione, poiché fino ad allora non avevo alcuna intenzione razionale di trasformarlo in una professione (distratti vinceremo), e ho semplicemente iniziato a prestare maggiore attenzione a tali segni”.

Simone Michielin

Così, dopo 3 mesi di produzione ha realizzato la prima mostra individuale, dopo 5 mesi la prima fiera di architettura, con 7 mesi la prima mostra in Italia…e in quel primo anno, ci furono 16 mostre, tra individuali e collettive.

Dopo questi primi contatti con il mercato, e sottoposta a sguardi specializzati di curatori esperti, capì che sì, la sua grande passione poteva diventare professione, attività principale, dopo tutto…chi ha detto che non si può vivere d’arte?

Da quel momento in poi, in qualsiasi check-in in albergo o registrazione online (per fare un esempio) , è diventata Simone Michielin, un’artista.

Arte come lavoro – gli adeguamenti necessari per trasformare l’hobby in professione

Anche quando tutto sembra naturalmente incamminato (destino?), per trasformare il sogno in realtà è necessario rimboccarsi le maniche e cercare alcune alternative.

La differenza tra l’arte come hobby e l’arte come attività esclusiva e fonte di reddito richiede adattamenti.

“Quando mi sono resa conto che questo era ciò che volevo fare nella mia vita, ho deciso che l'avrei trattato come un business, avrei creato una compagnia/ditta d'arte!”.

Simone Michielin

La prima sfida è stata quella di creare un nuovo networking, fino ad allora legato all’ambiente legale, ma che ora doveva presentare Simone come artista, ad un mezzo in cui era totalmente sconosciuta.

Erano, quindi, necessari alcune altre qualità.: l’essere coraggiosa, sfacciata, responsabile marketing e imprenditrice!

Quando “bussò alla porta” degli architetti che avrebbero fatto la Casa Cor SC 2015 (fiera di architettura molto famosa in Brasile) 2015 e che non avevano idea di chi fosse l’artista Simone Michielin, notò una buona accettazione del suo lavoro, e così riuscì ad esporre 7 opere in 4 diversi ambienti quell’anno (anche qui il “distratti vinceremo” perché fino a quando qualcuno non gli disse che aveva realizzato un marchio bellissimo, non ne aveva idea, solo un buon presagio).

Quando percorse le strade di Firenze, con 5 opere sottobraccio, per sottoporle alla valutazione del curatore di una mostra internazionale, che avrebbe riunito artisti provenienti da 8 paesi, (e invece delle 3 opere che sarebbero state il limite per ogni artista, espose tutte le 5 tele), capì la lunga valutazione della curatrice, che evidenziava i punti di forza del suo lavoro e la incoraggiava a continuare con la sua produzione artistica.

Così come capì il valore del suo lavoro, capì anche che il momento chiedeva una performance più contemporanea, anche per dare sfogo ad una creatività iperattiva, che sembra non avere momenti di pausa.

In questo modo sono arrivati altri prodotti, altre piattaforme, un altro marchio proprio e uno studio/galleria aperto al pubblico, nel quale, in qualsiasi momento, l’artista poteva essere trovata in piena produzione!

Nuovi canali per l’arte

La pittura, nella sua forma più pura, rimane la ragione principale dell’opera dell’artista, dove la sua espressione si manifesta, dove nascono le idee.

Tutto inizia con un disegno, un dipinto, per poi essere trasformato e raggiungere così un pubblico diverso, così, un pubblico diverso, con l’applicazione delle sue creazioni a prodotti secondari (quaderni di schizzi, stampe, ceramiche, t-shirt, e qualsiasi altro supporto avesse a disposizione). Con questo, l’artista si permette di giocare con il suo dono e con il concetto stesso di “pop art”, creando alternative accessibili a chi vuole questo contatto con l’arte, ma ancora non può permettersi un’opera originale ed esclusiva.

Ed è stato proprio il suo particolare gusto per la cultura pop a ispirare la creazione di un secondo marchio, FaberWHO?, in cui crea oggetti di personaggi iconici del cinema, musica, fumetti, dei serial televisivi, una sorta di toy art da collezione.

La creazione di questi sviluppi non ha escluso le produzioni esclusive e originali, anche su commissione, che in questo caso consentono una divertente co-partecipazione dei clienti, sia alla scelta del tema che della paletta di colori, regalando al cliente l’esperienza, sebbene indiretta, di aver contribuito alla creazione di quell’opera d’arte personalizzata!

“Sono irrequieta per natura, quindi trovo difficile mantenermi a lungo nello stesso formato o linea di produzione ... Sono sempre alla ricerca di nuovi materiali, nuovi modi di lavorare, nuove piattaforme, e questo, forse, si riflette nel mio lavoro”

Simone Michielin

Forse è proprio questa inquietudine che non le fa temere i cambiamenti… e così ne ha affrontato un altro : nel 2020 si è trasferita in Italia, ricominciando da capo, ancora una volta.

Difficile non essere un artista!

Vivere d’arte richiede alcune sacrifici, e staccarsi da alcune certezze e superare alcune credenze , può essere un po’ doloroso. Abbiamo sempre imparato che il successo e il sostegno devono provenire da un lavoro duro e , sudato, spesso sofferto…come credere che si possa ottenere tutto questo con qualcosa di fluido, naturale, piacevole? Con qualcosa che non disturba la tua domenica solo perché si avvicina il lunedì? Con qualcosa che non ti fa vivere in apnea aspettando il fine settimana per un breve respiro prima della prossima apnea?

Questo paradosso può far scoppiare la testa di molti che hanno letto il testo fin qui, ma se hai qualcosa che ti fa davvero vibrare, che ti rende “affamato di vita”, che ti fa vedere che può in qualche modo avere un impatto positivo su qualcun altro… fallo, e fai ciò che deve essere fatto per renderlo sostenibile, in modo che possa diventare la tua realtà e che non sia necessario deviarti dal tuo percorso naturale.”.

È molto comune per Simone sentirsi ancora dire che “deve essere difficile essere un’artista”, come quella massima del passato…ma per qualcuno che ce l’ha nell’anima, come un movimento interno inevitabile… “difficile sarebbe non esserlo!”

“Ho letto questa riga pronunciata da qualche artista, che non ricordo chi fosse, e si è interiorizzata in me come se fosse una mia risposta a me stessa, se mi viene qualche dubbio sul percorso che ho scelto. Oggi, la personalità e la professione sono mescolate, , il che mi permette non solo di sperimentare l'arte, ma di viverla... e mi sento ridicolamente felice, penso che tutti meritino di conoscere questa sensazione!”

Simone Michielin

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